Immobilità apparente / Apparent immobility
La prima volta che visitai i Bagni di Craveggia, in occasione di un sopralluogo condotto assieme alla gallerista Flavia Zanetti, all’editore Jean Olaniszyn e al collega Stefano Spinelli, subito fui colpito dal caratteristico color ruggine variamente visibile sulla superficie di molte delle pietre e dei ciottoli che occupano l’alveo del fiume Isorno. Presi un bel sasso poco più lungo di una spanna e lo portai a casa. Immaginavo che la tinta – dovuta, suppongo, alla componente ferrosa dell’acqua – fosse permanente. E invece, con mia delusione, dopo un po’ di tempo (non ricordo se giorni, settimane, o mesi), quella bella pietra rossastra, dalla forma un po’ squadrata (una sorta di parallelepipedo smussato e rotondeggiante) è diventata scura, incolore. Le parti ove più intenso era il colore sono diventate ancora più cupe del resto: si sono coperte di uno strato, opaco, di grigio. Ho conservato comunque il sasso. Mi piace anche così: nel suo nuovo (e a quanto pare più stabile) aspetto. La sua vista mi ricorda sempre l’atmosfera e i colori dei Bagni. Mi ricorda soprattutto il rumore fragoroso – monotono ma non per questo noioso - dell’acqua che scorre incessante tra le pietre e i ciottoli. Mi affascina il contrasto tra l’immobilità della pietra e lo scorrere dell'acqua. L’immobilità della pietra, del resto, è solo apparente. Anche la pietra si trasforma e muta. È erosa dall'acqua: modellata dal suo scorrere senza posa. Come tutto ciò che è nel mondo, anche la pietra è in continua trasformazione, benché a noi appaia fissa e immobile. Ora, mentre scrivo, la pietra e i sassi e i ciottoli fotografati a Ponte Oscuro e ai Bagni di Craveggia continuano a mutare. E quando il pubblico osserverà le immagini esposte in galleria, la pietra starà continuando la sua inarrestabile trasformazione.
Alessandro Vicario
Milano, giugno 2008
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