Come un torrente
“Una vallata alpina è come un torrente: manda lontano, verso altre terre, migliaia e migliaia di suoi figli, prima di disseccarsi e inaridirsi”[1]. Così è successo alla Valle Stura, una delle più ampie vallate del Cuneese, passata dai circa ventimila abitanti del 1900 ai quasi seimila del 1981. Oggi ne conta poco più di cinquemila. Lo spopolamento è avvenuto a più riprese: dalla seconda metà dell’Ottocento con le emigrazioni verso l’America e la vicina Francia; al termine degli anni Cinquanta del Novecento verso la Francia; e infine negli anni del boom economico verso la pianura. Un enorme torrente sceso a valle che ha lasciato in secca le borgate montane: un territorio carico di storia e di memorie spesso dolorose, fatte di povertà e di stenti, di fatica e di fame, di guerra e di cruente rappresaglie nazifasciste. Dove un tempo si conduceva una dura vita contadina, scandita dai ritmi antichi delle stagioni e regolata dalle esigenze della pastorizia, oggi rimangono ruderi, rovine di case in pietra, stalle scoperchiate. Ma sono rimaste lassù nel silenzio, nemmeno rotto dai suoni della vita quotidiana, le presenze dell’uomo. È lì che vivevano le decine di testimoni dei quali Nuto Revelli raccolse le storie di vita ne Il mondo dei vinti[2]. È lì che si svolsero le drammatiche vicende della guerra partigiana raccontate dallo stesso autore ne La guerra dei poveri. Questi luoghi desolati, talora spettrali, sono protagonisti delle fotografie di Alessandro Vicario, prese nelle diverse stagioni e in momenti diversi della giornata. Le citazioni che accompagnano le immagini vogliono evocare le vite che si svolsero in quelle che ora sono solo rovine: i testimoni di Nuto Revelli danno voce alle persone che un tempo le abitavano. Questi brevi testi sono tratti da Il mondo dei vinti. Fanno eccezione i brani riportati a p. x [Ale correggi quando si sa!!!!!!!], che sono presi dalla testimonianza di Angelo Bruno, da me raccolta il 25 novembre 2007. Angelo Bruno è stato per molti anni l’unico abitante di Chiotti Soprano (Valloriate), e l’ultimo ad averla abbandonata, in anni recenti, per motivi di salute. Ho conosciuto Alessandro Vicario il 12 maggio 2006 a Demonte, in occasione dell’inaugurazione di una sua mostra intitolata “A Demonte e in Valle Stura. Sulle tracce di Lalla Romano”, nello Spazio Lalla Romano a Palazzo Borelli. Le sue fotografie, che vedevo per la prima volta, rappresentano quella che io - per una frequentazione di decenni – ho sempre considerato “la mia Valle”. Osservandole, ho scoperto luoghi diversi da quelli che conoscevo e amavo: nuovi e inaspettati. Credo che questa impressione sia dovuta all’attenzione speciale che Alessandro Vicario riserva ai dettagli. Grazie alle sue fotografie, ho notato particolari che, prima di allora, non avevo mai colto. Frequento la Valle Stura da sempre. Essa ha segnato le diverse fasi della mia vita: da bambina, rappresentava i giochi all’aperto e liberi da ogni costrizione; da ragazza, i divertimenti e le prime gite in montagna. Oggi sono consapevole che non esiste un luogo dove poter stare meglio. Io, per lo meno, non l’ho ancora trovato. Questo amore per la Valle si nutre del tanto tempo che vi ho trascorso e dei molti e grati ricordi a essa legati. Le fotografie di Alessandro Vicario mi hanno aperto uno sguardo nuovo sulla Valle. Il pomeriggio del 12 maggio 2006, vagabondando tra i sentieri, mi sono imbattuta per caso (ma “il concetto di caso non è serio”, come scrive Lalla Romano) in un gruppo di rovine che ho scoperto poi essere la borgata abbandonata di Lentre (una frazione di Vinadio). Mi ha colpito una casa della quale rimaneva in piedi solo la facciata, con finestre su più ordini sparsi. Pareva una quinta teatrale. Avevo da poco riletto i libri di Nuto Revelli, un uomo che ho sempre ammirato in modo particolare. Ogni volta che m’imbatto in ruderi e borgate abbandonate, i racconti letti nel Mondo dei vinti mi consentono di immaginare e risentire la vita che lì si era svolta. La sera stessa dell’inaugurazione, parlando con Alessandro, ha preso corpo l’idea del libro. Le borgate avrebbero potuto rivivere attraverso le sue fotografie, accompagnate da alcuni brani presi dalle testimonianze raccolte da Nuto Revelli. Così è nato questo libro, per il desiderio di preservare un patrimonio di storie che hanno segnato la vita della Valle e che rischiano oggi di cadere nell’oblio. Gli autori confidano che questo lavoro contribuisca a custodire la memoria, che è una risorsa preziosa per comprendere il presente e per immaginare il futuro.
[1] Giovanni Battista Fossati, Valle Stura di Demonte ai raggi X, Tipolitografia Martini, Borgo San Dalmazzo, 1981
[2] Nuto Revelli, Il mondo dei vinti, Einaudi, 2005.
[1] Giovanni Battista Fossati, Valle Stura di Demonte ai raggi X, Tipolitografia Martini, Borgo San Dalmazzo, 1981
[2] Nuto Revelli, Il mondo dei vinti, Einaudi, 2005.
Roberta Marocco (2015)