A colloquio con Alessandro Vicario
Dopo Un paesaggio ritrovato. A Demonte e in Valle Stura sulle tracce di Lalla Romano (nel 2006) e Immobilità apparente (nel 2008), con Concetti cromatici si completa la triade espositiva di Alessandro Vicario negli spazi di Officinaarte. Mi piace seguire artisti di talento, invitandoli a esporre in galleria diversi progetti di seguito, nell’arco di alcuni anni. Ho rivolto all’autore alcune domande.
Cosa ti ha spinto a intraprendere questa ricerca?
Il desiderio di isolare i colori dalle cose e dalle forme alle quali appartengono e di mostrarli, per così dire, nella loro essenza. I colori sono uno degli attributi fondamentali del paesaggio. In genere, però, non osserviamo i colori in quanto tali. Osserviamo, piuttosto, cose e forme colorate. Si potrebbe persino affermare che i colori sono un'astrazione: un concetto, appunto.
Quando hai concepito l’idea, e come?
Ebbi l’intuizione di fotografare i colori qualche anno fa, mentre lavoravo in Valle Stura. Ma è stato in Valle Onsernone che ho intrapreso il progetto: nel 2008, durante le riprese per Immobilità apparente. Le due serie di immagini, dunque, sono intimamente legate. È proprio per questo che in mostra è esposta anche un’immagine di Immobilità apparente.
Come hai ottenuto, tecnicamente, queste immagini?
Nella maggior parte dei casi, semplicemente avvicinando l’obiettivo al soggetto e sfocando. La sfocatura è l’espediente tecnico che mi ha permesso di isolare i colori. Anche a occhio nudo, tra l’altro, avvicinandosi oltre un certo limite è impossibile mettere a fuoco: le forme perdono i loro contorni; rimangono solamente sagome indistinte e campiture cromatiche più o meno uniformi. In qualche caso, volendo riprendere soggetti a una certa distanza, ho fatto ricorso alla sola sfocatura.
Le opere esposte in galleria, dunque, sono semplici stampe fotografiche? Hai stampato le foto così com’erano o le hai sottoposte a ritocco digitale?
Le opere in mostra sono stampe fotografiche di scatti digitali. Non sono ottenute mediante fotoritocco. Naturalmente, i colori riprodotti con il mezzo fotografico sono altro dai colori percepiti. Ogni passaggio tecnico (la ripresa, l’editing, la stampa) comporta inevitabilmente delle trasformazioni, alcune delle quali indipendenti dalla volontà dell’autore. La fotografia dipende molto dalle tecnologie impiegate, che ne condizionano profondamente il linguaggio e l’estetica.
Ti sei ispirato a qualcuno?
Credo di essere stato influenzato dalle opere di Mark Rothko, che ho avuto occasione di ammirare nella grande mostra monografica tenutasi al Palazzo delle Esposizioni a Roma nel 2007; e dai lavori di Phil Sims, che ho scoperto visitando la collezione d’arte contemporanea di Villa Panza a Varese. Le ampie tele monocrome e policrome di questi due grandi artisti americani mi hanno suggestionato profondamente, incoraggiandomi a condurre la mia personale ricerca cromatica.
Flavia Zanetti, 2010